La poesia-mondo nella Commedia di Dante
“Noi invece che abbiamo per patria il mondo, come i pesci il mare, noi, che pure prima di mettere i denti abbiamo bevuto l’acqua dell’Arno e amiamo Firenze tanto da subire ingiustamente l’esilio per averla amata, noi poggiamo le spalle del nostro giudizio sulla ragione piuttosto che sul senso. Certo, in vista del nostro piacere, ossia della quiete del nostro appetito sensitivo, non esiste sulla terra luogo più ameno di Firenze. Noi abbiamo però consultato i volumi dei poeti e degli altri scrittori che descrivono il mondo nel suo insieme e nelle sue parti, e abbiamo riflettuto fra noi sulle varie posizioni delle località del mondo e sui rapporti che esse presentano con entrambi i poli e col circolo dell’equatore: abbiamo pertanto compreso, e crediamo fermamente, che vi sono molte regioni e città più nobili e più piacevoli della Toscana e di Firenze, di cui siamo nativi e cittadini, e che molte nazioni e popoli si servono di una lingua più gradevole e utile di quella degli italiani”.
Da questa riflessione di Dante, così attuale nella sua modernità e nel suo potente cosmopolitismo interculturale, è nato il titolo per il corso di Didattica interculturale.
Il mondo come patria, l’esilio, la ragione e il senso, poeti e scrittori che descrivono il mondo, il confronto tra le lingue. La densità di ognuno di questi luoghi richiama un tratto costitutivo di Dante Alighieri: la sua inesauribile curiosità intellettuale, il suo mai appagato bisogno di cercare e ricercare. A partire, naturalmente, da una salda prospettiva filosofico-teologica (ma sempre inquieta e ricca), la quale, lungi dal rappresentare un fardello inibitorio, rappresenta invece il solido terreno su cui il poeta può costruire il suo più ardito immaginario fatto di irte allegorie o di simboli piani, di similitudini concettose o familiari, di natura vegetale o animale, di cento registri linguistici diversi, di attraversamenti terreni e celesti, di luci e suoni feroci e suadenti, di geografie mutevoli, di centinaia di uomini e donne sempre singolarissimi e singolarissime, mai emblemi opachi, di rigorosi ragionamenti filosofici e di tanto altro che, tenuto insieme dal cemento dinamico delle terzine, ci consegna il pensiero di una poesia “divina”, sublime, terrigna. E sempre aperta al mondo.
Il corso si soffermerà pertanto, attraverso la lettura e il commento di canti o parti di canti, su queste dimensioni che attraversano l’intero poeta.
Interculturalità come intertestualità [“intertestuale”, 1855, che riguarda i rapporti documentabili tra testi di una stessa lingua, Zingarelli; ma anche di lingue diverse] e interdiscorsività [“interdiscorsivo”, 1982, che riguarda i rapporti riconoscibili fra un testo e qualunque altro testo o discorso presente in un dato ambito culturale, indipendentemente da una relazione formale documentabile tra di essi, Zingarelli] nella relazione sempre creativa con l’immenso serbatoio della cultura greco-romana, a partire naturalmente da Virgilio; con il ricchissimo deposito di storie e figure della Bibbia e dei padri della Chiesa, teologi, filosofi, letterati, fondatori di ordini religiosi, riformatori; con le suggestioni dei suoi contemporanei presenti o immediatamente precedenti, dai poeti siciliani a quelli siculo-toscani dagli stilnovisti ai poeti provenzali; con la tradizione arabo-musulmana attraverso il Libro della Scala con il suo racconto del viaggio ultramondano compiuto dal profeta Maometto nell’Inferno e in Paradiso guidato dall’arcangelo Gabriele.
Interculturalità come sinonimo di “opera-mondo”, un’opera, cioè, capace di contenere molteplici dimensioni della storia, della cultura, della religione, della politica, dell’esistenza. La Commedia come manifestazione compiuta di quell’aspirazione ad una letteratura mondiale di cui parlava Goethe, una letteratura capace di leggere il mondo nella sua “totalità”.
Interculturalità, infine, nell’essere la Commedia una fonte, un modello, un reagente per decine di scrittori di tutto il mondo che hanno “usato” il testo di Dante nelle loro opere: Ezra Pound, Eliot, Osip Mandel’štam, Borges, Seamus Heaney fino ai “post-colonial” Derek Walcott o Wole Soyinka, dal grande poema neogreco L'Odissea di Nikos Kazantzakis, a Pascoli, Primo Levi e a molti poeti italiani del Novecento (Saba, Ungaretti, Montale, Sereni, Fortini, Pasolini, Zanzotto, Giudici…). Solo per citare i maggiori e senza nominare l’influenza dell’opera di Dante nelle letterature dei secoli precedenti.
La lettura dei testi, l’interpretazione come esercizio critico dell’immaginazione, con il conseguente commento storico-critico, tenterà di consolidare tre capacità di cui parla il critico Romano Luperini: “la capacità cognitiva, come allargamento e approfondimento delle conoscenze specifiche della disciplina e delle conoscenze linguistiche e culturali che si ottengono dalla fitta rete di interferenze che presiede all’atto della lettura e dell’interpretazione; la capacità immaginativa, come arricchimento esistenziale, emotivo e culturale prodotto dal contatto con quel grande serbatoio dell’immaginario che è la letteratura; la capacità critica, come educazione alla complessità e alla problematicità del momento ermeneutico, alla parzialità e al carattere interdialogico di ogni verità e alla dialettica democratica del conflitto delle interpretazioni. Queste tre capacità delineano altrettanti obiettivi formativi”.
Una parte del programma viene dedicata alla prima infanzia e alle applicazioni ai contesti educativi per l’infanzia.
“Noi invece che abbiamo per patria il mondo, come i pesci il mare, noi, che pure prima di mettere i denti abbiamo bevuto l’acqua dell’Arno e amiamo Firenze tanto da subire ingiustamente l’esilio per averla amata, noi poggiamo le spalle del nostro giudizio sulla ragione piuttosto che sul senso. Certo, in vista del nostro piacere, ossia della quiete del nostro appetito sensitivo, non esiste sulla terra luogo più ameno di Firenze. Noi abbiamo però consultato i volumi dei poeti e degli altri scrittori che descrivono il mondo nel suo insieme e nelle sue parti, e abbiamo riflettuto fra noi sulle varie posizioni delle località del mondo e sui rapporti che esse presentano con entrambi i poli e col circolo dell’equatore: abbiamo pertanto compreso, e crediamo fermamente, che vi sono molte regioni e città più nobili e più piacevoli della Toscana e di Firenze, di cui siamo nativi e cittadini, e che molte nazioni e popoli si servono di una lingua più gradevole e utile di quella degli italiani”.
Da questa riflessione di Dante, così attuale nella sua modernità e nel suo potente cosmopolitismo interculturale, è nato il titolo per il corso di Didattica interculturale.
Il mondo come patria, l’esilio, la ragione e il senso, poeti e scrittori che descrivono il mondo, il confronto tra le lingue. La densità di ognuno di questi luoghi richiama un tratto costitutivo di Dante Alighieri: la sua inesauribile curiosità intellettuale, il suo mai appagato bisogno di cercare e ricercare. A partire, naturalmente, da una salda prospettiva filosofico-teologica (ma sempre inquieta e ricca), la quale, lungi dal rappresentare un fardello inibitorio, rappresenta invece il solido terreno su cui il poeta può costruire il suo più ardito immaginario fatto di irte allegorie o di simboli piani, di similitudini concettose o familiari, di natura vegetale o animale, di cento registri linguistici diversi, di attraversamenti terreni e celesti, di luci e suoni feroci e suadenti, di geografie mutevoli, di centinaia di uomini e donne sempre singolarissimi e singolarissime, mai emblemi opachi, di rigorosi ragionamenti filosofici e di tanto altro che, tenuto insieme dal cemento dinamico delle terzine, ci consegna il pensiero di una poesia “divina”, sublime, terrigna. E sempre aperta al mondo.
Il corso si soffermerà pertanto, attraverso la lettura e il commento di canti o parti di canti, su queste dimensioni che attraversano l’intero poeta.
Interculturalità come intertestualità [“intertestuale”, 1855, che riguarda i rapporti documentabili tra testi di una stessa lingua, Zingarelli; ma anche di lingue diverse] e interdiscorsività [“interdiscorsivo”, 1982, che riguarda i rapporti riconoscibili fra un testo e qualunque altro testo o discorso presente in un dato ambito culturale, indipendentemente da una relazione formale documentabile tra di essi, Zingarelli] nella relazione sempre creativa con l’immenso serbatoio della cultura greco-romana, a partire naturalmente da Virgilio; con il ricchissimo deposito di storie e figure della Bibbia e dei padri della Chiesa, teologi, filosofi, letterati, fondatori di ordini religiosi, riformatori; con le suggestioni dei suoi contemporanei presenti o immediatamente precedenti, dai poeti siciliani a quelli siculo-toscani dagli stilnovisti ai poeti provenzali; con la tradizione arabo-musulmana attraverso il Libro della Scala con il suo racconto del viaggio ultramondano compiuto dal profeta Maometto nell’Inferno e in Paradiso guidato dall’arcangelo Gabriele.
Interculturalità come sinonimo di “opera-mondo”, un’opera, cioè, capace di contenere molteplici dimensioni della storia, della cultura, della religione, della politica, dell’esistenza. La Commedia come manifestazione compiuta di quell’aspirazione ad una letteratura mondiale di cui parlava Goethe, una letteratura capace di leggere il mondo nella sua “totalità”.
Interculturalità, infine, nell’essere la Commedia una fonte, un modello, un reagente per decine di scrittori di tutto il mondo che hanno “usato” il testo di Dante nelle loro opere: Ezra Pound, Eliot, Osip Mandel’štam, Borges, Seamus Heaney fino ai “post-colonial” Derek Walcott o Wole Soyinka, dal grande poema neogreco L'Odissea di Nikos Kazantzakis, a Pascoli, Primo Levi e a molti poeti italiani del Novecento (Saba, Ungaretti, Montale, Sereni, Fortini, Pasolini, Zanzotto, Giudici…). Solo per citare i maggiori e senza nominare l’influenza dell’opera di Dante nelle letterature dei secoli precedenti.
La lettura dei testi, l’interpretazione come esercizio critico dell’immaginazione, con il conseguente commento storico-critico, tenterà di consolidare tre capacità di cui parla il critico Romano Luperini: “la capacità cognitiva, come allargamento e approfondimento delle conoscenze specifiche della disciplina e delle conoscenze linguistiche e culturali che si ottengono dalla fitta rete di interferenze che presiede all’atto della lettura e dell’interpretazione; la capacità immaginativa, come arricchimento esistenziale, emotivo e culturale prodotto dal contatto con quel grande serbatoio dell’immaginario che è la letteratura; la capacità critica, come educazione alla complessità e alla problematicità del momento ermeneutico, alla parzialità e al carattere interdialogico di ogni verità e alla dialettica democratica del conflitto delle interpretazioni. Queste tre capacità delineano altrettanti obiettivi formativi”.
Una parte del programma viene dedicata alla prima infanzia e alle applicazioni ai contesti educativi per l’infanzia.
- Titolare: Donato Santarone